Ripristino delle condizioni di sicurezza stradale compromesse dal verificarsi di incidenti – di Lorenzo Colazzilli

Ripristino delle condizioni di sicurezza stradale compromesse dal verificarsi di incidenti – di Lorenzo Colazzilli

Ripristino delle condizioni di sicurezza stradale compromesse dal verificarsi di incidenti: intervento riparativo o intervento preventivo?

L’Ente gestore o proprietario del tratto stradale interessato da un incidente si attiva, attraverso l’ausilio dei competenti organi di polizia, dei soggetti di diritto pubblico cointeressati e di diritto privato a supporto, al fine di rimuovere ogni situazione di pericolo evidente o occulto che derivi dall’evento originario.

Agli occhi dei più attenti osservatori non sarà di certo sfuggito il fatto che tra le figure “protagoniste” deputate alla risoluzione delle dinamiche che contraddistinguono gli incidenti, vengono ad assumere un ruolo preminente – non a semplice corollario o supporto di quelle ben fissate nell’immaginario collettivo (conducenti, passeggeri, pedoni, agenti di polizia locale o stradale, operatori sanitari) – gli operatori specializzati nel pronto intervento per il ripristino dello status quo ante.

A molti sfugge tuttavia la mansione altamente tecnica ed il grado di responsabilità di questi ultimi soggetti.

Così come non risulta essere nitida la complessità di un servizio che, seppur posto con l’intento principale di riassicurare il ripristino delle normali condizioni di sicurezza, impinge direttamente a tematiche trasversali e connesse poste a presidio di valori fondamentali come l’incolumità, la salute dei cittadini e la tutela del patrimonio paesaggistico ed ambientale

Nel quadro così delineato, svolte le dovute seppur sintetiche precisazioni in ordine alla natura del servizio ed alla normativa di riferimento, assume rilievo determinante la corretta interpretazione della ratio intrinseca all’attività di ripristino, la quale se prima facie in base al tenore letterale che l’accompagna parrebbe essere posta a riattamento dello stato di normale funzionalità della rete viaria, dopo attenta e più consapevole valutazione si manifesta per la propria reale portata di azione posta a preventiva tutela di molteplici interessi funzionali alla realizzazione del welfare state.

Sicché il servizio assume i connotati propri della pubblica utilità, inteso nel senso di tipo di servizio reso alla collettività, ovvero quel complesso di attività prestate nei riguardi degli utenti per il soddisfacimento di bisogni collettivi.

  1. D’altra parte la qualificazione di servizio di pubblica utilità ben si coniuga con l’inquadramento affidato al parere dell’ANAC che ha ricondotto la tipologia di affidamento predisposta dagli Enti nell’ambito delle concessioni di servizi[1].

Orientamento in parte preceduto e poi confortato dalla giurisprudenza amministrativa[2] la quale ha inteso porre particolare rilievo a fattori che consistono nel riconoscimento di una certa libertà delle forme di individuazione dell’operatore economico, tali per cui le concessioni, collocate nel campo di applicazione degli articoli da 164 a 173 del D.ls. 50/2016, si contraddistinguono per la necessità che l’operatore economico finanzi la propria attività in maniera largamente prevalente attraverso la vendita dei servizi resi con l’attività economica, riducendosi, dunque, tendenzialmente verso lo zero l’onere economico (canone) a carico dell’amministrazione concedente.

In sostanza ed in base a quanto stabilito nei bandi di gara predisposti dagli Enti per l’individuazione dell’operatore affidatario, a fronte dell’affidamento il concessionario avrà l’onere di assicurare le modalità di intervento previste dal capitolato tecnico ricevendo unicamente il diritto di gestire funzionalmente e di sfruttare economicamente il servizio.

Gli oneri, che non saranno richiesti alla Pubblica Amministrazione in qualità di gestore-proprietario della strada, sono a carico delle compagnie assicuratrici garanti dei danneggianti ed il rischio per le ipotesi di sversamento in cui rimanga sconosciuto il danneggiante e non sia pertanto possibile rivalersi su alcuna compagnia assicuratrice incomberà unicamente sul concessionario in virtù dell’alea cui si fa carico[3].

  1. 2. Dal punto di vista del diritto sostanziale l’utilità pubblica, o forse sarebbe meglio dire, la necessarietà del servizio, si evince dalla lettura combinata delle disposizioni contenute nel Decreto Legislativo n. 285 del 30 aprile 1992 “Codice della Strada”.

In particolare l’art. 14 nel disciplinare la responsabilità dell’Ente[4] proprietario o gestore dell’infrastruttura stradale che deve provvedere a ripristinare, nel minor tempo possibile, le condizioni di viabilità e sicurezza dell’area interessata da incidenti, ha lo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione in generale.

Il Legislatore non a caso ha voluto porre in relazione diretta i concetti di sicurezza e di tempo, rafforzando l’idea della necessaria tempestività di azione.

Inoltre per consolidato orientamento giurisprudenziale si è individuata la responsabilità di carattere civile per la Pubblica Amministrazione e penale in capo agli Amministratori per i danni derivanti all’utenza mobile “dalla non adeguata manutenzione e dal non adeguato controllo dello stato delle strade”.

In effetti l’obbligo da parte dell’Ente di rimuovere le situazioni di pericolo alla circolazione si traduce inesorabilmente nel dovere di intervenire il prima possibile. Sicché a rilevare non è solo il bisogno di ripristinare le condizioni naturali per assicurare la circolazione di mezzi, ma soprattutto, la necessità di rimuovere il pericolo venutosi a creare.

Il su citato articolo sussume ed anticipa le finalità in un certo senso dell’art. 15 dello stesso codice il quale nel tipicizzare gli atti vietati, trasla la responsabilità dalla Pubblica Amministrazione ad ogni singolo soggetto evidenziando che su tutte le strade e loro pertinenze è vietato: a) danneggiare in qualsiasi modo le opere, le piantagioni e gli impianti che ad esse appartengono, alterarne la forma ed invadere od occupare la piattaforma e le pertinenze o creare comunque stati di pericolo per la circolazione; …… f) depositare rifiuti o materie di qualsiasi specie, insudiciare e imbrattare comunque la strada e le sue pertinenze; f-bis) insozzare la strada o le sue pertinenze gettando rifiuti o oggetti dai veicoli in sosta o in movimento; g) apportare o spargere fango o detriti anche a mezzo delle ruote dei veicoli provenienti da accessi e diramazioni; h) scaricare, senza regolare concessione, nei fossi e nelle cunette materiali o cose di qualsiasi genere o incanalare in essi acque di qualunque natura; i) gettare dai veicoli in movimento qualsiasi cosa.”.

La precedente nozione estende ed acclude tipologie di eventi che, non aderendo alla responsabilità dell’Ente proprietario della strada, afferiscono invece ai comportamenti del singolo censurando tutte le condotte illegittime e tese a compromettere la sicurezza stradale attraverso la manomissione delle pertinenze infrastrutturali, l’occupazione della carreggiata e l’abbandono di oggetti, anche in un’ottica tesa alla tutela del patrimonio ambiente.

La necessità di garantire la sicurezza nella circolazione viene poi ad essere ineludibilmente rafforzato dall’art. 161 del Codice della Strada il quale  prevede la fattispecie secondo la quale, allorquando si verifichi la caduta o lo spargimento di materie viscide o infiammabili o comunque atte a creare pericolo o intralcio alla circolazione stradale, il  conducente del veicolo, fonte della caduta o dello spargimento, deve provvedere immediatamente ad adottare ogni cautela necessaria per rendere sicura la circolazione e libero il transito (comma II), ed inoltre, deve provvedere a segnalare il pericolo agli altri viaggiatori ed informare del fatto l’Ente proprietario della strada o un organo di Polizia (comma III).

Tutto ciò è funzionalizzato a garantire il corretto ripristino delle condizioni di sicurezza della strada.

 

  1. Ma se da un punto di vista pratico la ratio del servizio in ordine alla responsabilità dell’ente, dei singoli e delle condotte da adottare o evitare parrebbero essere tutte racchiuse nell’ambito del Codice della strada, ecco che ci si accorge dell’interesse rilevante per la tutela ambientale.

Il Decreto Legislativo n. 152 del 03 aprile 2006 – Codice dell’Ambiente – sancisce infatti all’art. 192 che “l’abbandono e il deposito incontrollati di rifiuti sul suolo e nel suolo sono vietati”; all’art. 256 “vieta la gestione dei rifiuti in mancanza delle prescritte procedure di abilitazione”; all’art. 239 cristallizza il principio “chi inquina paga”; più in generale in armonia con la legislazione comunitaria, introduce le norme che governano procedure, modalità e requisiti necessari per il corretto disinquinamento delle aree contaminate.

Pertanto l’Ente proprietario della strada (e, in sua vece, la società concessionaria) ha l’obbligo di provvedere alla pulizia della stessa in modo da non creare danno o pericoli alla circolazione spettando quindi alla detta P.A. procedere alla raccolta dei rifiuti abbandonati da terzi sull’area di sedime della strada a prescindere dalla sussistenza dell’elemento soggettivo del dolo o della colpa del proprietario (T.A.R. Campania Napoli, Sez. V, Sentenza, 29/07/2011).

In soggetta materia quindi, tra la disciplina di ordine generale contenuta nell’ art. 192 del D.Lgs. n. 152/2006 e quella specifica per i soggetti proprietari e concessionari di strade contenuta nell’ art. 14 del D.Lgs. n. 285/1992, viene ad instaurarsi un rapporto di specialità, contraddistinto dalla sussistenza nell’ordinamento di una norma puntuale che, al fine di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione stradale, impone in via diretta al soggetto proprietario o concessionario della strada di provvedere alla sua pulizia e, quindi, di rimuovere i rifiuti depositati sulla strada medesima e sulle sue pertinenze (Cons. Stato, Sez. II, 13/06/2019, n. 3967 – Cons. Giust. Amm. Sicilia, Sent., (ud. 28/05/2020) 03/06/2020, n. 395).

Mentre l’articolo 14, ma anche 15, del Codice della strada indica la norma violata e dunque il fondamento giuridico della contestazione oggetto della condotta ritenuta illegittima, il Codice dell’ambiente invece individua il fondamento del potere e la legittimazione dell’organo che lo esercita, nonché le procedure da adottare per l’attuazione del provvedimento sanzionatorio, non sussistendo così tra i due complessi normativi alcuna contraddizione e incompatibilità.

D’altra parte l’ordine con il quale l’Ente intima lo sgombero di materiali, si colloca nell’ambito dei poteri urgenti e contingibili disciplinati, in via generale dall’ art. 54 del D.Lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in quanto tesi alla prevenzione e all’eliminazione di gravi pericoli per la salute e l’incolumità pubblica (al fine di eliminare ogni possibile situazione di pericolo in considerazione della specifica viabilità), sia (nella misura in cui si dispone la rimozione dei rifiuti accumulati in loco) nell’ambito del potere specificamente disciplinato dall’art. 192 del D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che disciplina “il divieto di abbandono”) a tutela dell’ambiente.

Il che già consentirebbe di ritenere integrate nella fattispecie quelle peculiari “ragioni di impedimento derivanti da particolari esigenze di celerità del procedimento” che, ai sensi dell’art. 7, comma 1, L. 7 agosto del 1990, n. 241, consentono di derogare al generale obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento., non ostando ulteriori accertamenti “in contraddittorio con i soggetti interessati”, ai sensi dell’ art. 192 , comma 3, del D.Lgs. n. 152 del 2006.

L’ente è in definitiva tenuto ad intervenire con celerità una volta verificata sia la presenza in loco, di cumuli di rifiuti o di dispersioni di liquidi inquinanti sì da impedire la naturale funzione della circolazione stradale e da pregiudicare così la sicurezza sia per i privati che per l’ente gestore stesso, sul quale grava l’obbligo di provvedere alla pulizia della strada, affinché sia assicurata la sicurezza e fluidità della circolazione stradale.

Ma l’onere di specifica tutela ambientale da parte dell’Amministrazione riversa anche nei confronti dei privati in virtù dell’ambito oggettivo più ampio dell’art. 244 del TUA e che, enuclea una responsabilità del proprietario dell’area in via solidale, il quale può dunque essere destinatario dell’ordine di rimozione dei rifiuti, pur non essendo l’autore materiale delle condotte di abbandono degli stessi.

Ed infatti l’art. 239 del Testo Unico dell’Ambiente nel formulare i principi generali in materia di rifiuti e di bonifiche dei siti contaminati richiama i principi e le norme comunitarie con particolare riferimento al principio del “chi inquina paga”, ora contenuto anche dall’articolo 3 ter del TUA.

  1. 4. M se il connubio sicurezza, ripristino stradale e tutela ambientale sembrano procedere di pari passo all’interno di un servizio che assume sempre più i connotati di concessione complessa per la quale è richiesta un elevato grado di specializzazione, ecco che ci si accorge come, al fine di evitare un succedaneo problema, vi debba essere un corretto procedimento in relazione alla filiera dei rifiuti che si vengono a creare nel corso del servizio stesso.

Prevalente giurisprudenza ha avuto già modo di affermare che nella concreta applicazione dei principi elaborati dalle decisioni della Corte di Giustizia e dell’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato, in relazione ai principi generali del diritto ambientale europeo “chi inquina paga” e di “precauzione”, “Ai sensi degli artt. 242 comma 1 e 244 comma 2, D.Lgs. 3 aprile 2006, n. 152 , una volta riscontrato un fenomeno di potenziale contaminazione di un sito, gli interventi di caratterizzazione, messa in sicurezza d’emergenza o definitiva, di bonifica e di ripristino ambientale possono essere imposti dalla Pubblica amministrazione solamente ai soggetti responsabili dell’inquinamento, e cioè quelli che abbiano in tutto o in parte generato la contaminazione tramite un proprio comportamento commissivo od omissivo, legato all’inquinamento da un preciso nesso di causalità, non essendo configurabile una responsabilità di mera posizione del proprietario del sito inquinato” (Cons. St., sez. V, 8 marzo 2017, n. 1089  o Cons. giust. amm. Sicilia, Sent. 27/10/2020, n. 997).

L’assunto pone il problema di immaginare lo scenario tipico derivante da qualsivoglia incidente stradale.

Vi sarà dispersione di detriti solidi (parti di carrozzeria) e/o di liquidi inquinanti (benzina, gasolio, olio ecc..) sul manto stradale cui il responsabile o il cittadino non potranno rimediare per le evidenti motivazioni legate al difetto di strumentazione o comunque legate allo stato emotivo che contraddistingue i soggetti coinvolti in un sinistro.

Ma neanche la Pubblica Amministrazione (per ovvie tematiche legate alla mancanza di risorse, di idonee certificazioni e pertinenti conoscenze) potranno assicurare interventi di ripristino risolutivi.

A ciò si aggiunga che a seguito dell’evento si produrranno rifiuti, pericolosi e non a seconda della tipologia che implicano una corretta gestione (raccolta, trasporto, deposito e smaltimento) in conformità al quadro normativo di riferimento.

Ecco allora che il servizio de quo viene ad essere affidato dagli Enti proprietari delle infrastrutture stradali (comuni, province, regioni o ANAS) a soggetti esterni qualificati i quali, nell’ambito delle attività espletate, sono manutentori delle strade, per i quali risulta integrato l’ambito di applicazione dell’art. 230 comma 1 del D.lgs. 152/2006[5].

Pertanto l’affidatario dei servizi relativi al ripristino della viabilità post incidente può legittimamente gestire i rifiuti residuati dall’evento o secondo le stringenti ordinarie regole fissate dalla Parte IV del Testo Unico oppure usufruendo della deroga prevista dal su citato art. 230 comma I.

  1. 5. Secondo un’interpretazione rigorosa e formalistica del TUA sono individuabili due differenti figure di produttore del rifiuto: il soggetto la cui attività produce rifiuti (produttore iniziale) e il soggetto al quale sia giuridicamente riferibile detta produzione[6].

In tal senso può essere legittimamente considerato produttore del rifiuto tanto il soggetto che materialmente “effettua” l’attività da cui gli stessi si producono quanto il soggetto al quale tale produzione sia giuridicamente riferibile.

Come analizzato in precedenza l’art. 161 del Codice della Strada prescrive specifici precetti in capo al conducente del veicolo che disperda materiale sul manto stradale; l’art. 211 sancisce la sanzione accessoria in caso di elusione all’obbligo di ripristino dei luoghi.

Secondo l’intrapreso percorso logico il produttore materiale dei rifiuti è da individuarsi nel soggetto proprietario del mezzo che cagiona l’incidente[7].

D’altra parte il produttore giuridico sembrerebbe essere individuato nel soggetto proprietario dell’infrastruttura stradale poiché ai sensi ai sensi dell’art. 14 del Codice della Strada “Gli enti proprietari delle strade, allo scopo di garantire la sicurezza e la fluidità della circolazione, provvedono alla manutenzione, gestione e pulizia delle strade, delle loro pertinenze e arredo, nonché delle attrezzature, impianti e servizi..”.

Secondo un’interpretazione sostanziale invece il concessionario acquisisce, attraverso una cd. fictio iuris,  la qualità di produttore giuridico dei rifiuti prodotti in occasioni di incidenti stradali, in sostituzione del proprietario dell’infrastruttura stradale, in virtù dell’attribuzione al medesimo della gestione della strada. Diviene altresì sotto diversa prospettazione nuovo produttore in relazione alle materiali attività che tale soggetto è chiamato a svolgere (tra le operazioni che l’affidatario dei servizi in esame è solitamente tenuto a svolgere vi è la pulizia della carreggiata mediante l’irrorazione e il lavaggio della stessa dai liquidi ivi sversati in seguito all’incidente comportando la modifica della natura o della composizione di detti rifiuti, di talché in siffatta ipotesi tale soggetto deve essere qualificato in termini di (nuovo) produttore)[8].

Ad ogni modo l’affidatario dei servizi relativi al ripristino della viabilità post incidente, considerato secondo un’interpretazione sostanziale produttore giuridico dei rifiuti e nuovo produttore materiale, può legittimamente gestire i rifiuti in esame attraverso le due modalità alternative: o secondo le gravose regole ordinarie fissate dalla Parte IV del TUA o usufruendo della deroga prevista dall’art. 230 co. 1 del TUA.

Il tutto avendo sempre comunque cura di rispettare le prescrizioni in materia riguardo alla classificazione, al luogo di deposito temporaneo, alla necessità dell’utilizzo del FIR, alla tracciabilità relativa alla movimentazione, al conferimento in apposito centro autorizzato allo smaltimento.

  1. 6. Da quanto sopra sostenuto deriva l’inevitabile apprezzamento del soggetto concessionario secondo il possesso di requisiti minimi di idoneità quali:

– la disponibilità di una centrale operativa che risponda a numero verde attivo in h24 per 365 giorni l’anno;

– l’organizzazione aziendale suddivisa in una struttura centrale (comprensiva di apposti comparti per la formazione, per la ricerca e l’innovazione, per il settore tecnico-ambientale, per l’elaborazione dei dati raccolti) ed una struttura periferica atta a consentire tempi di interventi commisurati alle necessità di risolvere le problematiche ambientali;

– il possesso di certificazioni attestanti la qualità del modello organizzativo, con particolare riferimento alla gestione ambientale, come la ISO 14001 che identifica una norma tecnica dell’Organizzazione internazionale per la normazione sui sistemi di gestione ambientale e fissa i requisiti di un sistema di gestione ambientale di una qualsiasi organizzazione e l’EMAS che attesta la volontà di migliorare le proprie prestazioni ambientali e fornire al pubblico e ad altri soggetti interessati informazioni sulla propria gestione ambientale;

– il ricorso a personale tecnico idoneamente formato e qualificato;

– l’utilizzo di strumentazione tecnologica complessa e di mezzi e prodotti ad impatto ambientale zero;

– il possesso di idonea iscrizione all’Albo Nazionale Gestori Ambientali per le Categorie 2bis (produttori iniziali di rifiuti non pericolosi), 5 (raccolta e trasporto di rifiuti speciali pericolosi), 8 (intermediazione e commercio di rifiuti senza detenzione dei rifiuti stessi) e preferibilmente 9 (bonifica di siti).

I su esposti fattori se da un lato delineano l’affidabilità tecnico-organizzativa di una società che ambisce a posizionarsi sul mercato di riferimento, dall’altro devono comunque essere integrati da altri tesi a caratterizzare la politica aziendale adottata.

Prendendo come riferimento Pissta (Pronto Intervento, Sicurezza Stradale, Tutela Ambientale), “società costituita con l’obiettivo di sviluppare strategie e porre in essere azioni concrete e innovative per tutelare e migliorare la sicurezza del bene strada e preservare e rispettare l’ambiente applicando un’attenta economia sociale di mercato”, viene ad essere posto in risalto come la suddetta, recepiti nel proprio modello di governnace i requisiti minimi, ha posto in essere una politica aziendale che la rende differente rispetto gli altri operatori nel medesimo segmento economico, in virtù di scelte innovative i cui effetti positivi, in ambito collettivo, sono destinati ad essere percepiti immediatamente, nel medio e nel lungo periodo.

In sostanza a segnare il varco rispetto le consuete linee programmatiche è la scelta etica di sviluppare un progetto base (partendo dalla sicurezza sulle reti viarie marittime, aeree, ferroviarie e stradali) proiettandolo verso la risoluzione di problematiche connesse, l’ampliamento della platea dei soggetti coinvolti (non solo enti pubblici ma anche soggetti di diritto privato) e la collaborazione di eccellenze nel mondo della ricerca e dell’operatività.

La capacità di proporre soluzioni ad ogni problematica di tipo ambientale, di sviluppare strategie per il sostegno agli apparati centrali in caso di emergenze (si annoverano il supporto alle operazioni della Protezione Civile in caso di eventi calamitosi o le operazioni di disinfezione in concomitanza della diffusione dell’emergenza epidemiologica da COVID 19), di offrire eventi formativi in tema di sicurezza e di reinvestire parte delle risorse in servizi migliorativi a costo zero in favore della cittadinanza e degli enti stessi, demarcano la differenza tra una realtà statica ed una realtà dinamica già in grado di porre in essere interventi risolutivi a problematiche inaspettate.

 

  1. 7. I riportati requisiti, lungi dall’essere una modalità di perimetrazione degli operatori nell’accesso al libero mercato, rilevano invece in relazione alla complessità di un servizio che tocca i diversi settori della sicurezza, della tutela alla salute e della tutela dell’ambiente.

Sul punto basti ricordare che:

– “La Repubblica …Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione. Riconosce e garantisce la tutela dell’ambiente come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. Promuove le condizioni per uno sviluppo sostenibile.” (art. 9 della Costituzione);

– “L’iniziativa economica privata è libera. Essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà o alla dignità umana.” (art. 41 della Costituzione).

– “La sicurezza delle persone, nella circolazione stradale, rientra tra le finalità primarie di ordine sociale ed economico perseguite dallo Stato.” (l’art. 1 del Codice della Strada).

Non a caso la presente disamina ha esordito con il quesito circa la vera natura del servizio di ripristino delle condizioni di sicurezza stradale.

Ebbene il parziale percorso giuridico motivazionale intrapreso, vista la complessità e ricchezza di contenuti meritevoli di appositi approfondimenti, porta di certo a ritenere il servizio in questione come attività ex post funzionalmente intesa per riaffermare le condizioni ottimali nella circolazione stradale.

Tuttavia non può essere sottovalutato l’implicita finalità volta alla prevenzione (frequentemente il verificarsi di un incidente è idoneo a causarne altri con esiti ben più gravi) ed alla tutela di valori non meno importanti e cristallizzati nella nostra legge fondamentale, anche al fine di evitare ripercussioni in seno all’Ente (nazionale o territoriale) che in qualità di gestore della rete viaria interessata è tenuto al dovere di custodia di cui all’art. 2051 del c.c., con ripercussione nell’ambito della responsabilità aquiliana ai fini risarcitori.

Al contrario, pur rilevando per motivazioni di ordine pratico, la necessità di svincolare l’organo amministrativo o i suoi dirigenti da ipotetiche responsabilità (cui resterà condizionato invece l’operatore concessionario) non potrà essere questo il presupposto iniziale per la scelta del soggetto privato cui affidare il servizio.

Ogni amministrazione, coerentemente con il principio generale di buon andamento che sussume economicità, rapidità, efficacia, efficienza, miglior contemperamento dei vari interessi  e perseguimento dell’interesse pubblico, dovrà prestare idonea attenzione nell’ambito della scelta dell’operatore economico cui affidare il servizio, avvalendosi degli istituti riconosciuti dal codice degli appalti (affidamento diretto, procedura negoziata o procedura aperta) ed avendo cura per la selezione non solo dei requisiti soggettivi di capacità tecnica-organizzativa, ma anche, e verrebbe da dire soprattutto, dell’insieme dei servizi aggiuntivi posti sempre nell’interesse della Pubblica Amministrazione e dei cittadini, a costo zero.

A fare la differenza tra i soggetti concorrenti sarà quindi l’attenzione riposta all’impegno etico assunto nella ridistribuzione delle risorse in ambito territoriale, alla ricerca di risorse umane sulle quali investire, all’impegno teso a migliorare la qualità della vita, oggi e per le generazioni future.

[1] Con Deliberazione n. 64 Adunanza del 27 giugno 2012 l’Autorità ha ritenuto che l’affidamento del servizio di ripristino post incidente può correttamente inquadrarsi nell’ambito delle concessioni di servizi, con conseguente assoggettamento alla disciplina dettata dall’art. 30 del codice dei contratti pubblici (secondo la previgente normativa del D.lgs. 163 del 2006, oggi rubricata nella Parte Terza, Titolo I, artt. 164 e ss. del D.lgs. 50/2016.).

[2] Cfr. tra le ultime: Tar Toscana sentenza n. 6780 del 20 dicembre 2010 e Tar Puglia sentenza n. 368 del 21 febbraio 2012.

[3] È netta Come evidenziato più volte anche dall’Autorità  (deliberazione n. 47 Adunanza del 4 maggio 2011; Parere n. 28 del 9 febbraio 2011) per consolidata giurisprudenza della Corte di Giustizia europea, la differenza tra un appalto ed una concessione di servizi risiede principalmente nel fatto che, mentre nel primo il corrispettivo è pagato direttamente dall’amministrazione aggiudicatrice al prestatore di servizi, nella concessione le modalità di remunerazione pattuite consistono nel diritto dell’operatore economico di sfruttare la propria prestazione ed implicano che quest’ultimo assuma il rischio legato alla gestione dei servizi in questione. “Il vero discrimen tra concessione ed appalto deve, pertanto, essere ricercato nel differente destinatario della prestazione e nella diversa allocazione del rischio di gestione del servizio. In particolare, la Corte Europea e la giurisprudenza comunitaria (cfr. ex multis la sentenza 13 ottobre 2005, causa C-458/03 – Parking Brixen GmbH) riconoscono generalmente il suddetto discriminen nel fattore rischio” connesso all’incertezza del ritorno economico dell’attività (cfr. Comunicazione Interpretativa della Commissione Europea sulle concessioni nel diritto comunitario, in GUCE del 29.04.2000, richiamata dalla Circolare della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le politiche comunitarie, del 01.03.2002 n. 3944 rubricata “Procedure di affidamento delle concessioni di servizi e di lavori”).

[4]  A norma del D. Lgs. 2 settembre 1997, n. 320, a decorrere dal 1 luglio 1998 sono delegate alle province autonome di Trento e di Bolzano, per il rispettivo territorio, le funzioni in materia di viabilità stradale dello Stato quale ente proprietario e dell’Ente nazionale per le strade (ANAS), comprese quelle di cui al D. L.vo 26 febbraio 1994, n. 143, escluse le autostrade.

[5] Rifiuti derivanti da attività di manutenzione delle infrastrutture: “Il luogo di produzione dei rifiuti derivanti da attività di manutenzione alle infrastrutture, effettuata direttamente dal gestore dell’infrastruttura a rete e degli impianti per l’erogazione di forniture e servizi di interesse pubblico o tramite terzi, può coincidere con la sede del cantiere che gestisce l’attività manutentiva o con la sede locale del gestore della infrastruttura nelle cui competenze rientra il tratto di infrastruttura interessata dai lavori di manutenzione ovvero con il luogo di concentramento dove il materiale tolto d’opera viene trasportato per la successiva valutazione tecnica, finalizzata all’individuazione del materiale effettivamente, direttamente ed oggettivamente riutilizzabile, senza essere sottoposto ad alcun trattamento.”.

[6] Art. 183, comma 1, lett. f) del TUA.

[7] Il TUA sanziona chiunque abbandona i rifiuti, e quindi anche quelli derivanti da incidente stradale che si possono generare dall’incidente, laddove non opportunamente gestiti.

[8] Cfr. Daniele Carissimi e Niky Sebastiani in “La gestione dei rifiuti da incidenti stradali”, www.ambientelegaledigesta.it, n. 5 2018.