Percorsi ciclabili promiscui – di Antonino Borzumati

Percorsi ciclabili promiscui – di Antonino Borzumati

Il rispetto degli standard di sicurezza degli itinerari e delle piste ciclabili, in particolare nei percorsi ciclabili promiscui:

1) rispetto ai criteri di sicurezza stradale del codice della strada;

2) rispetto ai criteri costruttivi di cui al DM dei Trasporti 557/99.

Il richiamo alla normativa di settore, costituisce la base di partenza per ogni considerazione sull’argomento:
• Codice della Strada (Decreto Legislativo 30 aprile 1992 n. 285);
• DPR n. 495, 15 dicembre 1992 (Regolamento di esecuzione e di attuazione del codice della strada);
• Decreto ministeriale 30 novembre 1999, n. 557 (Regolamento recante norme per la definizione delle
caratteristiche tecniche delle piste ciclabili ) emanato dal Ministro dei lavori pubblici.
• Decreto Legge n. 76/2020, convertito nella legge 120/2020 e pubblicato sulla G.U. n. 228 del 14/9/2020.

In data 14/9/2020 è entrato in vigore la legge di conversione del D.L. Semplificazione n. 76/2020 convertito nella legge 120/2020 e pubblicato sulla G.U. n. 228 del 14/9/2020, il quale all’art. 49 introduce modifiche sostanziali alla normativa pregressa riguardo gli standard di sicurezza. Infatti tale articolo sostituisce il comma 1 dell’art. 3 del CdS punto n. 12 bis) eliminando proprio la possibilità di avere corsie ciclabili ad uso promiscuo come si specifica di seguito.

– Il vecchio testo prevedeva:
p.12-bis) Corsia ciclabile: parte longitudinale della carreggiata, posta a destra, delimitata mediante una striscia bianca discontinua, valicabile e ad uso promiscuo, idonea a permettere la circolazione sulle strade urbane dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede. La corsia ciclabile è parte della ordinaria corsia veicolare, con destinazione alla circolazione dei velocipedi.

– Il nuovo testo prevede invece che:
“p.12-bis) Corsia ciclabile: parte longitudinale della carreggiata, posta di norma a destra, delimitata mediante una striscia bianca, continua o discontinua, destinata alla circolazione sulle strade dei velocipedi nello stesso senso di marcia degli altri veicoli e contraddistinta dal simbolo del velocipede. La corsia ciclabile può essere impegnata, per brevi tratti, da altri veicoli se le dimensioni della carreggiata non ne consentono l’uso esclusivo ai velocipedi; in tal caso essa è parte della corsia veicolare e deve essere delimitata da strisce bianche discontinue. La corsia ciclabile può essere impegnata da altri veicoli anche quando sono presenti fermate del trasporto pubblico collettivo e risulta sovrapposta alle strisce di delimitazione di fermata di cui all’articolo 151 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495. La corsia ciclabile si intende valicabile, limitatamente allo spazio necessario per consentire ai veicoli, diversi dai velocipedi, di effettuare la sosta o la fermata nei casi in cui vi sia una fascia di sosta veicolare laterale, con qualsiasi giacitura.”

La stessa relazione dossier Senato al PDL 2648 (D.L. 76/2020) al succitato articolo 3 – comma 1 n. 12bis, prevede e precisa che l’uso promiscuo è: “possibilità questa che viene eliminata”.
Va aggiunto poi, che laddove il legislatore consenta e regolamenta il transito dei velocipedi con i veicoli a motore in condizioni di promiscuità, lo fa solo per percorsi limitati e per poche decine di metri, in particolare nei contesti urbani, dove non è materialmente possibile variare le geometrie stradali; ovviamente, non usa lo stesso metro di valutazione nei contesti rurali.
Sui percorsi ciclabili, attualmente possono circolare nuove tipologie di veicoli, fino a poco tempo fa rigidamente esclusi, quali ad esempio i monopattini, che possono viaggiare fino a 25 Km/h o le biciclette a pedalata assistita, che pure sviluppano velocità considerevoli con notevole aumento dei fattori di rischio. Tali innovazioni, hanno indotto il legislatore con legge 120/2020 del 14/9/2020, a contenere la costruzione di percorsi ciclabili con circolazione promiscua nei percorsi urbani e a vietarne l’attuazione in quelli extraurbani.

Secondo i principi del codice della strada, i rischi e la complessità della circolazione stradale esigono che gli Enti proprietari dedichino le più attente cure alla tipologia delle strade ed alla segnaletica stradale, perché entrambe concorrono in misura notevole alla sicurezza ed alla fluidità della circolazione.
I percorsi ciclabili nel contesto della circolazione stradale, devono essere progettati e realizzati secondo criteri di regolarità e razionalità e nel rispetto dei criteri di sicurezza. Tali fattispecie sono richiamate nel Decreto ministeriale n. 557/99. Diversamente, detti percorsi dedicati ad una utenza debole (art. 3, comma 1 punto 53bis C.d.S.) possono risultare fonte di pericolo o causa di incertezze nei comportamenti dei ciclisti stessi e degli altri utenti della strada, da cui possono scaturire incidenti stradali, anche di rilevante gravità.
In proposito è opportuno ricordare che dalle analisi dei dati ISTAT sulla sinistrosità stradale, la distrazione o la indecisione risultano tra le cause più ricorrenti di incidenti, ma numerosi sinistri stradali, infatti, derivano dalle insidie della strada, dall’inadeguatezza della segnaletica rispetto alle condizioni della strada e del traffico, dalla sua tardiva o insufficiente percepibilità. Nel caso di nuove piste ciclabili, la progettazione in condizioni difformi dalle linee guida per la progettazione delle piste stesse e dalle prescrizioni normative, è fonte di pregiudizio alla sicurezza veicolare.
Nella progettazione stradale è opportuno e necessario tenere conto dei conflitti non solo trasversali, ma anche laterali e longitudinali.
Per la realizzazione di una rete ciclabile o anche di una pista ciclabile, si devono garantire, aspetti tecnici costruttivi adeguati e, in particolare, prioritarie condizioni di sicurezza. Per le nuove costruzioni, vanno sempre adottate adeguate normative tecniche al progetto, altrimenti risultano pregiudizievoli per la sicurezza e la funzionalità dell’opera. Nel Piano Nazionale di Sicurezza Stradale (PNSS Orizzonte 2020), gli studi rilevano che il tasso d’infortunio per pedoni, ciclisti, motociclisti e ciclomotoristi è di molto superiore agli altri modi di trasporto. I ciclisti, categoria “vulnerabile”, hanno un tasso di infortunio superiore di 9,4% di chi viaggia in autovettura. Inoltre, l’8% dei morti nel 2012 erano conducenti di biciclette.

L’adeguatezza di un itinerario ciclabile, deve corrispondere a diversi comportamenti e a diverse esigenze dell’utenza. Secondo il Piano nazionale delle strade (PNSS), ridurre il rischio di incidente è possibile intervenendo sui fattori ambientali (infrastruttura). La protezione per gli utenti più vulnerabili e per migliorare la sicurezza dei ciclisti, avviene con la promozione degli interventi sull’infrastruttura di separazione e protezione delle utenze deboli.
Esempi di misure appartenenti a questa linea strategica sono i percorsi ciclabili sicuri e gli attraversamenti ciclabili sicuri.
Di tal guisa, i percorsi ciclabili e ciclopedonali, soprattutto quelli in sede promiscua, in fase di progettazione devono avere:
– continuità e connettività degli itinerari;
– disponibilità di standard geometrici e prestazionali adeguati alla gerarchia dei tracciati;
– elevato grado di sicurezza;
– completezza, coerenza ed omogeneità della segnaletica.
In sede di progettazione, pertanto, è necessario definire i principali passaggi operativi per la realizzazione delle reti ciclabili, tra cui una fondamentale importanza è rivestita proprio dalla definizione dei riferimenti tecnici essenziali la loro funzionalità e per garantire una sicura mobilità dei ciclisti, definiti dal codice della strada come soggetti deboli (art. 3, comma 1. punto 53bis del CdS).
Gli standard geometrici da verificare con riferimento alle velocità di percorrenza da garantire per le
diverse categorie di itinerario si riferiscono ai seguenti aspetti:
– larghezza della sezione;
– raggi di curvatura;
– distanza di visibilità.

L’art. 7 del decreto nella sua stessa rubrica norma la “Larghezza delle corsie e degli spartitraffico”. Al primo comma è chiaramente specificato che: “Tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e dei velocipedi, nonché dello spazio per l’equilibrio e di un opportuno franco laterale libero da ostacoli, la larghezza minima della corsia ciclabile, comprese le strisce di margine, è pari ad 1,50 m; tale larghezza è riducibile ad 1,25 m nel caso in cui si tratti di due corsie contigue, dello stesso od opposto senso di marcia, per una larghezza complessiva minima pari a 2,50 m”.

Riguardo i raggi di curvatura, le norme del ministero dei LL.PP. per le piste ciclabili ( art. 8 comma 5 del decreto n. 577) prevedono geometrie con un raggio superiore a 5 metri (misurati dal ciglio interno della pista), che corrisponde ad una velocità di progetto di 15 km/h, con un minimo assoluto di 3 metri, cui corrisponde una velocità di 11,5 km/h. I raggi minimi di curvatura devono essere coerenti con la velocità di progetto di cui alla tabella 2.1, e mai inferiori ai 20 km/h. Eccezionalmente, in aree di intersezione ed in punti particolarmente vincolati, detti raggi di curvatura possono essere ridotti a 3,00 m, purché venga rispettata la distanza di visuale libera e la curva venga opportunamente segnalata, specialmente nel caso e nel senso di marcia rispetto al quale essa risulti preceduta da una livelletta in discesa. Questi valori, valgono per le piste ciclabili che hanno condizioni di sicurezza superiori ai percorsi bidirezionali in sede promiscua.

La normativa che riguarda detta materia in trattazione, è regolamentata principalmente dal precitato decreto 557, e parrebbe escludere la rigida applicazione dei criteri costruttivi ai percorsi promiscui (art.4, comma 4); ciò però non è verosimile, poiché tali promiscuità sono riservate solo all’interno di parchi o di zone a traffico prevalentemente pedonale, nel caso in cui l’ampiezza della carreggiata o la ridotta entità del traffico ciclistico non richiedano la realizzazione di specifiche piste ciclabili, ovvero come percorsi promiscui ciclabili con i veicoli a motore. Le norme del decreto (art.4 comma 6) riconoscono la possibilità di prevedere percorsi ciclabili promiscui in sostituzione delle piste vere e proprie, solo laddove non ci siano i requisiti minimi di spazio ed i giustificativi economici.

In questi casi, pertanto, non si può parlare di veri e propri itinerari o piste ciclabili, ma di interventi sostituivi per dare continuità alla mobilità ciclistica. Di fatto la norma li identifica come percorsi (art.4 comma 5 del decreto n. 577) che hanno la specifica finalità di unire pregressi tracciati riservati alla circolazione ciclistica o ciclo-pedonale. In tali percorsi, devono essere adottati idonei interventi strutturali per la riduzione dell’elemento di maggiore pericolosità, rappresentato dal differenziale di velocità tra le due componenti di traffico, costituite dai velocipedi e dai veicoli a motore, osservando in particolare il criteri regolamentare di cui all’art. 4 comma 5 lett. a) del decreto: larghezza adeguatamente incrementata rispetto ai minimi fissati per le piste ciclabili all’articolo 7.