Le idoneita’ al servizio e all’arma nella polizia locale differenze con le altre forze di polizia. Le armerie a singhiozzo

Le idoneita’ al servizio e all’arma nella polizia locale differenze con le altre forze di polizia. Le armerie a singhiozzo

Idoneità all’arma per gli operatori della Polizia Locale. Una vexata quaestio che il tempo non risolve ma, se fosse possibile, complica ancora di più. Da ultimo l’art. 19 ter del d.l. 4 ottobre 2018 n.113 con il legislatore che sente il bisogno di fornire l’interpretazione autentica dell’art. 5 comma 5 primo periodo della legge quadro della polizia locale n.65 del 1986. Bontà sua il legislatore non riesce ancora a riformulare una legge quadro adeguata alle mutate condizioni operative delle polizie locali, ma si offre di interpretare in modo definitivo la norma sui limiti di utilizzo, in servizio, dell’arma in dotazione. Al riguardo  l’art. 19 ter statuisce “ L’articolo 5, comma 5, primo periodo, della legge 7 marzo 1986, n. 65, si interpreta nel senso che gli addetti al servizio di polizia municipale ai quali e’ conferita la qualifica di agente di pubblica sicurezza possono portare, senza licenza, le armi di cui possono essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle modalita’ previsti dai rispettivi regolamenti, nonche’ nei casi di operazioni esterne di polizia, d’iniziativa dei singoli durante il servizio, anche al di fuori del territorio dell’ente di appartenenza esclusivamente in caso di necessita’ dovuto alla flagranza dell’illecito commesso nel territorio di appartenenza”.

Nella circostanza l’Ufficio per Amministrazione Generale del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno con circolare protocollo 557/PAS/U/017997/12982.LEG del 20 dicembre 2018 ritiene opportuno dedicare un preciso paragrafo alle “Altre questioni riguardanti la disciplina del porto dell’arma in assegnazione agli addetti alle Polizie locali”.

Il Dipartimento di P.S, precisa che la Circolare rappresenta “in una logica di economia di atti” davvero poco praticata in troppe circostanze, “l’occasione propizia anche per fornire orientamenti interpretativi in merito ad altri aspetti della disciplina recata dalla legge 65/1986 segnalati all’attenzione sia dalla “rete” delle Autorità provinciali di p.s. sia dagli Enti Locali.”

 

LA VISITA MEDICA PERIODICA PER LA LICENZA EX ART. 42 TULPS

La circolare affronta in primis la questione relativa alla visita medica periodica al fine di accertare la permanenza dei requisiti psicofisici minimi richiesti per il porto dell’arma stabiliti dal D.M. 28 aprile 1998, per il rilascio delle licenze ex art. 42 TULPS.

 Il Dipartimento ricorda che quanto previsto dall’art. 5 comma 5 della legge 65/1986 è analogo a quanto previsto dall’art. 73 secondo comma del R.D. n.635/1940, poiché “si concretizza un caso di legittimazione ex lege apporto delle armi ricevute in assegnazione, la cui operatività non è subordinata, per quanto concerne il versante del diritto statale, allo svolgimento di periodiche visite psicofisiche.”

Ne consegue che la “revisione annuale” prevista dall’art. 6 comma 3 del D.M. 145/ 1987 non ha alcun diritto di intervenire su un sistema completo come delineato dal suddetto art. 5 comma 5 della legge 65 del 1986. Pertanto il Dipartimento afferma “diversamente dall’occasionale parere espresso in passato in risposta a taluni quesiti “ che “non può ritenersi applicabile al personale in questione (polizia locale) la previsione dell’art. 1 della legge 87/1989 che impone la presentazione annuale di un certificato medico attestante i requisiti in parola”.

In merito a quanto previsto dall’art. 6 del d.m. 145 che introduce l’istituto della “revisione annuale” il Dipartimento ritiene che “tale revisione riguarda la verifica dell’attualità delle esigenze operative che avevano dato luogo all’originaria assegnazione e all’eventuale necessità di adottare gli aggiornamenti eventualmente necessari in conseguenza delle cessazioni di personale dal servizio”.

Proviamo a seguire il Dipartimento nel suo ragionamento ma ecco che ci imbattiamo in un passaggio che induce una ponderata riflessione.

La Circolare afferma senza titubare che “in questo contesto la fonte “competente” (mai virgolette furono più opportune) a prevedere l’obbligo di sottoporsi a cadenze periodiche, a visite di accertamento dei requisiti psicofisici sembra essere il regolamento che ciascun ente locale è chiamato ad adottare per disciplinare sia il servizio che l’ordinamento dei dipendenti dei Corpi e servizi di Polizia Locale (artt. 4, 5 comma 5 e 7 della legge 65/1986).”

E ancora la Circolare afferma che “tale soluzione appare coerente anche con le norme che regolano il procedimento di attribuzione della qualifica di agente di p.s. .. che il Prefetto concede sula base della sola verifica dei requisiti morali …senza fare alcun cenno alle verifiche di carattere psico -fisico”.

Con la conseguenza lapalissiana per il Ministero, ma aberrante per chi scrive che “l’accertamento di tali condizioni rientri in una fase prodromi riconducibile alla responsabilità dell’Ente locale e, in particolare delle figure del Sindaco e del Comandante del Corpo di Polizia Municipale, secondo la ripartizione di competenze fissate dagli art. 2 e 9 della città legge 65/1986”.

Ma si può arrivare a tanto?

Riassumendo: ogni comune decide quali requisiti accertare per l’idoneità alle armi degli addetti alla Polizia Locale, ed ogni comune decide se tale idoneità deve essere riaccertata ogni tot tempo o una tantum per il resto della vita lavorativa.

Ma un agente di polizia locale ed un agente di pubblica sicurezza o un carabiniere o un finanziere con l’arma in dotazione non devono essere tutti idonei secondo requisiti analoghi se svolgono funzioni analoghe. Se si è coinvolti in un conflitto a fuoco devono essere tutti idonei all’uso dell’arma.

Il Manifesto nazionale del Tiro a Segno ogni anno detta regole per l’idoneità al tiro, discutibili ed oltretutto non sempre rispettate dalle singole polizie locali.

E ancora l’assegnazione in via continuativa che comporta la presenza dell’arma all’interno di un nucleo familiare non comporta che tutti gli assegnatari siano idonei allo stesso modo. Idoneità fisica e psichica. Soprattutto la seconda da verificare con criteri rigorosi, unanimi e uguali per tutte le forze di polizia e ovviamente per tutti gli addetti delle polizie locali comuni piccoli, medi o grandi. Non può esserci un operatore di polizia più idoneo di un altro ed un agente di polizia locale più idoneo di un suo collega sol perché la fonte “competente” ha disciplinato in modo difforme le procure di idoneità.

Quanto sia competente la fonte regolamentare è tutto da dimostrare.

I verbali dei consigli comunali che preludono alle delibere sui regolamenti per l’armamento degli addetti delle polizie locali gettano ombre pesanti sulla “competenza” della fonte. Il dibattito politico è surreale, il tecnico è all’angolo, il Comandante è il capro espiatorio se non accetta le scelte politiche, paga di suo a fine contratto, con il mancato rinnovo a fine incarico con la rotazione.

 

L’IDONEITA’ NELLA POLIZIA DI STATO

Per essere dichiarati idonei alla qualifica di agenti di pubblica sicurezza occorre produrre un certificato anamnestico con particolare riferimento alle infermità pregresse o attuali elencate nel decreto ministeriale 30 giugno 2003 n.198 allegato B, aver sostenuto una serie di esami quali: esame audiometrico tonale, elettrocardiogramma con visita cardiologica, 12 esami ematochimici. Poi la commissione procederà all’esame del visus natural e corretto, del senso cromatico, all’esame dell’urina, all’esame biompedenziometrico ( che consente , attraverso la valutazione della differente resistenza dei tessuti corporei al passaggio di una debole corrente elettrica, la misurazione dei valori percentuali di massa grassa e massa metabolicamente attiva), l’esame per la misurazione della forza muscolare (handgrip) alla valutazione psicologica/psichiatrica (batteria testologica, visita, colloquio clinico.

Per la valutazione dell’idoneità psichica la batteriadi test è costituita da un questionario anamnestico, da un questionario di personalità tarato per la misurazione delle personalità patologiche, da un reattivo proiettivo e da eventuali altre scale di valutazione più specifiche per la misurazione di peculiari aspetti psicologici. Alla conclusione diagnostica si giunge attraverso la valutazione complessiva dei risultati delle indagini testologiche e cliniche emerse dai colloqui.

 

L’ IDONEITA’ NELLE POLIZIE LOCALI

Si perché l’idoneità alla qualifica di agente di polizia municipale, prima che di quella dell’idoneità all’arma è oggetto di libera determinazione da parte di ogni singola regione se la legge regionale lo disciplina, e di ogni singolo comune all’atto della predisposizione del bando di reclutamento.

Poi quando arriviamo all’idoneità all’arma, se prevista dal regolamento, la fantasia impazza.

Ogni giorno le cronache raccontano di prove fisiche “inventate” da questo o quel Comune, da questo o quel Comandante per accertare l’idoneità fisica.

Prove di atletica, 1000 metri, salto in alto, salto in lungo, flessioni, sbarra…ma per favore! E poi accertamenti psico attitudinali con colloqui clinici e batterie di test discutibili sulla loro efficacia come MMPI 2 anziché il Rorschach o lo SCID II che sono in grado di andare a fondo negli accertamenti.

Il test delle macchie di Rorschach è un test psicologico proiettivo. Ovvero uno strumento la cui finalità è quella di definire il profilo della personalità del paziente che vi si sottopone. 

Probabilmente Hermann Rorschach, psichiatra svizzero scomparso 1922, non avrebbe mai immaginato che tale metodologia psicodiagnostica, elaborata a partire dagli esperimenti di Kleksografia (consistenti nel versare macchie di inchiostro in un foglio di carta per ripiegarlo poi in due ed ottenere una figura simmetrica) e soprattutto in piena indipendenza dai fondamenti della dottrina freudiana, sarebbe diventata uno dei reattivi psicologici più diffusi e utilizzati al mondo.

Il Test di Rorschach si avvale di dieci tavole coperte di macchie di inchiostro nere o policrome che il paziente deve interpretare. L’idea si fonda sull’utilizzo dell’interpretazione di disegni ambigui per valutare la personalità di un paziente (concetto che può essere addirittura ricondotto a Botticelli e a Leonardo Da Vinci). Con Rorschach si avrà un vero e proprio approccio sistematico, con la standardizzazione delle tavole.

La SCID II è un’intervista costituita da una serie di domande grazie alle quali è possibile indagare la presenza dei disturbi di personalità. Essa permette di effettuare una valutazione dei disturbi di personalità di tipo categoriale, inteso in termini di presenza o assenza del disturbo, e dimensionale ovvero la quantità di criterio diagnostico presente o assente.

La SCID II permette di effettuare la diagnosi di 10 disturbi di personalità, secondo il DSM-IV. Inoltre, sono inclusi altri 3 disturbi di personalità: il disturbo di personalità non altrimenti specificato, il disturbo passivo-aggressivo e il disturbo depressivo, cioè tutti quei disturbi che nel DSM IV sono inclusi nell’Appendice B.

La SCID II è composta da due parti:

  1. Un questionario autosomministrato da parte del paziente;
  2. L’intervista semi-strutturata di approfondimento degli item a cui si è attribuita una risposta affermativa al questionario.

Il questionario formato da 119 item de è consegnato preliminarmente al soggetto che dovrà riconsegnarlo allo sperimentatore al momento dell’intervista. Le domande del questionario riguardano i disturbi di personalità. Il questionario è utilizzato come guida per la successiva intervista che esamina nell’ordine i seguenti disturbi: evitante di personalità, dipendente di personalità, ossessivo -compulsivo, passivo aggressivo, depressivo, paranoico, schizotipico, schizoide, istrionico, narcisistico, borderline, antisociale.

E poi non dimentichiamo che un candidato può essere idoneo fisicamente, idoneo sul versante psichico ma non avere l’attitudine.

E chi accerta l’attitudine? Nei concorsi per agenti e ufficiali delle polizie locali posso affermare senza timore di smentita al 99%: nessuno. Con danni incalcolabili per l’amministrazione che si ritrova ad investire su un agente di polizia locale che si scopre non avere attitudine al ruolo.

 

L’ IDONEITA’ NELL’ARMA DEI CARABINIERI

Solo per chiarire meglio. Nell’arma dei Carabinieri, il Centro Nazionale di Selezione e Reclutamento -Ufficio Selezione del Personale ha pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 102 del 27 dicembre 2019 le Norme Tecniche per lo svolgimento degli accertamenti attitudinali del Concorso, per esami, per l’ammissione di 60 allievi al primo anno del 202 Corso dell’Accademia militare per la formazione di base degli Ufficiali dell’Arma dei Carabinieri. Gli equivalenti ufficiali delle polizie locali, poi vedremo le differenze di selezione.

La Benemerita premette che “L’art. 97 della Costituzione Italiana è il fondamento giuridico dal quale prende avvio e si conforma la PROCEDURA DI SELEZIONE ATTITUDINALE. In particolare tre sono i principi a cui si informano le attività poste in essere per gli accertamenti attitudinali, ovvero:

“Agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso, i pubblici uffici sono organizzati in modo che siano assicurati il buon andamento e l’imparzialità dell’amministrazione, consistono in attività volte alla cura degli interessi della collettività”. L’Arma richiama poi l’articolo 1 commi 1 e 2 della legge 241/1990 e “ in questo senso gli accertamenti attitudinali si informano ai dispositivi di legge ricordati e sono posti in essere nel primario interesse della Pubblica Amministrazione , visto il complesso e delicato servizio d’Istituto espletato dai militari dell’Arma dei Carabinieri e sono strutturati su una procedura che garantisca la massima oggettività possibile. Proceduta tesa ad evitare che le valutazioni attitudinali siano fondate su di una sola tipologia di informazioni o che siano effettuate sula base di considerazioni soggettive di una singola persona. La procedura di selezione adottata coniuga, da un lato, il principio di “imparzialità ed “efficienza” della P.A., dall’altro i criteri più scientifici più accreditati e ritenuti validi in materia di valutazione attitudinale.

La Benemerita precisa ulteriormente che “gli accertamenti si sostanziano in un metodo scientifico di previsione dei comportamenti lavorativi che si configurano in un processo di analisi, diagnosi e sintesi volto a predire il proficuo inserimento nel contesto istituzionale e la condotta lavorativa del candidato. Da questo presupposto concettuale discende che tutti i candidati vengono sottoposti alla stesa “situazione stimolo”. Il contesto della selezione diventa paradigmatico di situazioni che presuppongono un certo grado di stress e una certa attivazione emozionale da parte del candidato. IL modo in cui il candidato risponde alla serie di stimoli cui è sottoposto e come riesce a gestirli, sono alcuni degli aspetti della valutazione cui si fa riferimento quando si valutano i requisiti attitudinali previsto dallo specifico profilo. Il fondamento scientifico di tale valutazione è che la condotta posta in essere in fase di selezione, rappresenta un comportamento significativo delle inclinazioni comportamentali più generali del candidato. Gli accertamenti attitudinali, inoltre, sono orientati alla raccolta di dati ed informazioni avvalendosi delle tecniche e delle conoscenze offerte dalla disciplina psicologica, rappresentata dagli Ufficiali psicologi, e dall’ottica definita dalla cosiddetta “cultura organizzativa”, costituita dagli Ufficiali periti selettori”.

E le linee guida terminano con questa chiosa: “La valutazione attitudinale, attiene semplicemente alla verifica hic et nunc, della sussistenza o meno nell’aspirate dei requisiti previsti dal Profilo attitudinale del ruolo a cui si aspira”.  Come dire che ovviamente, nel corso della vita lavorativa questi requisiti potrebbero venir meno e devono essere costantemente monitorati con richiami a visita.

Torniamo a bomba. Il dipartimento del Ministero ritiene che per la polizia locale ogni comune possa accertare come vuole l’idoneità all’arma e al servizio, che tale idoneità non debba essere oggetto di alcuna revisione.

Per le altre forze di Polizia si fa sul serio sugli accertamenti.

Un atteggiamento distonico e inquietante.

Che genera questi risultati.

 

I PIANI COORDINATI DI CONTROLLO DEL TERRITORIO

Gli appartenenti a polizia di stato, arma dei carabinieri e polizia locale oltre ad avere analoghe competenze nella prevenzione e repressione dei reati sono destinatari di quei famosi piani coordinati di controllo del territorio.

Infatti la legge 128 del 26 marzo 2001 all’art 17 recita testualmente “Il Ministro dell’interno impartisce e aggiorna annualmente le direttive per la realizzazione, a livello provinciale e nei maggiori centri urbani, di piani coordinati di controllo del territorio da attuare a cura dei competenti uffici della Polizia di Stato e comandi dell’Arma dei carabinieri e, per i servizi pertinenti alle attività d’istituto, del Corpo della Guardia di finanza, con la partecipazione di contingenti dei corpi o servizi di polizia municipale, previa richiesta al sindaco, o nell’ambito di specifiche intese con la predetta autorità, prevedendo anche l’istituzione di presidi mobili di quartiere nei maggiori centri urbani, nonchè il potenziamento e il coordinamento, anche mediante idonee tecnologie, dei servizi di soccorso pubblico e pronto intervento per la sicurezza dei cittadini.”

Ma se lavorano addirittura fianco a fianco è ipotizzabile che le loro idoneità siano valutate diversamente. E non di poco.

 

UN CASO DI STRAORDINARIA INIDONEITA’

Il Comune di Pescara il 16 dicembre 2018 bandisce un concorso per Istruttore di Vigilanza a tempo pieno e indeterminato. Nessun limite di età, nessuna selezione fisica e psico attitudinale, requisiti richiesti quelli per qualsiasi dipendente di altro settore dell’amministrazione: requisiti per il riconoscimento della qualifica di p.s. , patente di guida di tipo B e …udite udite ..”disponibilità incondizionata alla conduzione di tutti i veicoli in dotazione al Comando di Polizia Municipale di Pescara”.

Il concorso si articola in 2 prove scritte ed una prova orale. All’esito delle quali l’idoneo entra a far parte della polizia locale a tempo indeterminato. Magari …uno solo. No ne entrano a decine perché si pensa bene di utilizzare la graduatoria degli idonei per una mega infornata di ….amministrativi a tutti gli effetti. Addirittura nonostante sul concorso si abbattano due sentenze del Tar che ne affermano la nullità per violazione dell’anonimato, il Comune si appella al Consiglio di Stato pur di mantenere in piedi la procedura selettiva così rigorosamente effettuata e nel frattempo decide di assumerne una trentina a tempo determinato. Eh si come perdersi queste preziose risorse …per le quali non è stata accertata alcuna idoneità fisica particolare, alcuna idoneità psichica ed alcuna idoneità attitudinale.

In cantiere il Comune ha anche un bando per istruttori direttivi di vigilanza sul quale si accettano scommesse sui requisiti che si intendo accertare.

Per tornare alla Circola 2018 del Dipartimento del Ministero dell’Interno queste sono le fonti “competenti” che adottano i regolamenti sulle idoneità al servizio o all’arma.

 

LE ARMERIE A SINGHIOZZO

La Circolare ministeriale del 2018 interviene sulla lettera della norma in modo discutibile a sommesso parere dello scrivente.

L’art. 12 comma 4 del D.M. 145/ del 1987 prescrive che l’armeria deve essere costituita ogniqualvolta occorra custodire un numero di armi superiore a quindici.

La Circolare premette che “la norma assume come linea di discrimine il numero delle armi che vanno effettivamente custodite e non il numero delle armi complessive di cui il Corpo dispone”.

E prosegue nel ragionamento secondo il quale “il numero da deposita presso la sede del Corpo può essere sensibilmente inferiore laddove l’Ente locale abbia previsto che un aliquota degli addetti alla propria Polizia locale riceva l’arma in assegnazione continuativa”. Nel qual caso “gli interessati possono detenere l’arma in dotazione presso l’abitazione, giusta quanto previsto da diverse previsioni recate dal D.M. 145/1987”. Il Dipartimento del Ministero ricorda anche i numerosi casi previsti dal D.M. che in virtù dell’assegnazione continuativa non obbligano alla riconsegna a fine servizio e consentono di portare l’arma con se fuori dal servizio, e giunge alla conclusione che “tali previsioni lasciano presupporre che la facoltà di porto dell’arma, riconosciuta al personale “assegnatario” in via continuativa, comprenda la possibilità di detenere  l’arma anche nella propria abitazione , quando si è fuori dal servizio”.

Per il Ministero restano ferme “le facoltà di controllo dell’Autorità di pubblica sicurezza di cui all’art. 12 comma 5 del D.M. 145/1987” (che consente alla Questura, quando lo ritiene necessario, verifiche di controllo e di prescrivere quelle misure cautelari che ritenga indispensabili per la tutela dell’ordine, della sicurezza e dell’incolumità pubblica).

E quindi rimette al Comune di “valutare se laddove il numero delle armi assegnate continuativamente consenta di “abbassare” il numero da lasciare in deposito presso il Corpo sia inferiore alla soglia delle quindi- procedere all’istituzione dell’armeria”.

E poi ulteriormente si affretta a precisare che “Va da sé che tale scelta, secondo un principio di prudenza e cautela, andrà commisurata sulla possibilità di dover assorbire eventuali “restituzioni”, anche solo contingenti delle armi in assegnazione continuativa, suscettibili di determinare una giacenza superiore a quindici pezzi” perché ovviamente tale circostanza “rende inadeguata e contraria alle previsioni di legge una conservazione al di fuori dell’armeria”.

Anche su questo fronte Comando che vai armeria che trovi o non trovi secondo i desiderata dell’amministrazione, il senso di responsabilità del Comandante, la sensibilità della Questura.

Ma si può? La Circolare si muove sulle sabbie mobili dell’incertezza terminologica che non è possibile accettare. L’assegnatario in via continuativa “può” portare l’arma a casa e non deve. A fine servizio non “deve” riconsegnare l’arma ma “può” riconsegnare l’arma. Il Comune o meglio il Comandante dovrebbe valutare se l’assegnazione in via continuativa consente di abbassare il numero di armi da tenere in armeria inferiore alle quindici e poi valutare quando possa incidere la possibilità di assorbire eventuali restituzioni”.

Ma stiamo scherzando? Su quali basi il Comandante deve decidere sulla base della prognosi postuma o del giudizio ipotetico ex post o giudizio contrattuale nella condotta attiva? Ma un Comando monitora ogni giorno quanti riportano l’arma a casa e quanti la lasciano in deposito. Se un operatore decide di non tenere l’arma a casa durante le ferie perché lontano da casa? Se un operatore decide di non tenere l’arma a casa perché nel suo nucleo familiare sono presenti persone affette da disturbi psichici o bambini e non dispone di una cassaforte idonea alla custodia. Queste variabili e tante altre su quale base si possono calcolare oltre al ricorso alla sfera di cristallo? E poi superato il limite delle quindici sulla base di calcoli errati e nella sfortunata coincidenza che la concomitante presenza di più armi con la contestuale commistione in caso di presa di servizio generi infortuni sul lavoro? E se malintenzionati accedono al Comando e portano via armi custodite in modo improprio? In questi casi tutto facile: il Comune avrebbe dovuto, il Comandante doveva, la Questura avrebbe dovuto ritenere….

Pagine di commenti senza soluzione di continuità. Ma smettiamola di continuare a disegnare una Italia dai cento Comandi di Polizia Locale che seguono modalità operative diverse su tematiche delicate come le idoneità e le armi. Solo regole uniche e univoche sul territorio nazionale in tema di requisiti per l’accesso, idoneità, prima formazione obbligatoria, uso delle armi e competenze per materia possono dar vita ad una Polizia Locale Nazionale che operi con professionalità competenza e pari dignità rispetto a tutte la tre forze di Polizia.

Nell’interesse della collettività e degli uomini e donne della Polizia Locale che degnamente rivestono una divisa con onore e oneri.