La riforma in tema di riscossione-2

La riforma in tema di riscossione-2

Il tema della riforma della riscossione si rinnova con un nuovo capitolo.

Il D.L.22/03/2021 n.41 ha prorogato sino al 30/04/2021 il termine per l’esigibilità di tutte le entrate erariali e non erariali.

Per gli atti di accertamento esecutivo di cui all’art.1, comma 792 della legge n.160/2019 si rammenta che la novità più rilevante della riforma della riscossione, contenuta nella legge di bilancio 2020, è costituita dall’introduzione, a decorrere dal 01/01/2020 dell’accertamento esecutivo, già previsto dal 2011 per gran parte dei tributi erariali, anche per gli atti degli Enti Locali.

L’atto di accertamento esecutivo di cui all’art.1, comma 792, L.160/2019 (legge bilancio anno 2020) racchiude in sé i due distinti atti che prima della riforma del 2020 caratterizzavano la riscossione, vale a dire l’avviso di accertamento o l’atto finalizzato alla riscossione delle entrate patrimoniali e la cartella di pagamento o l’ingiunzione fiscale.

In tema di codice della strada, come è noto, l’avviso di accertamento coincide con la richiesta di pagamento al trasgressore di una somma proporzionata alla presunta trasgressione che si contesta al conducente del veicolo oggetto dell’accertamento.

Il problema che oggi si pone è che visto la sospensione legislativa dei tempi di pagamento, il trasgressore debba essere reso edotto del suo diritto a non pagare.

Il principio deriva dalla considerazione che l’atto di contestazione ed irrogazione delle sanzioni, è autonomo rispetto al procedimento di accertamento con la conseguenza che, qualora il trasgressore scelga di addivenire alla definizione agevolata, non è consentita la ripetizione delle somme pagate, dovendosi ritenere definitivamente chiuso, a quel momento, il rapporto tra contribuente e l’Ente accertatore in ordine alle altre conseguenze sanzionatorie delle violazioni già rilevate (Cass., Sez. V, 29 novembre 2013, n. 26740; Cass., Sez. V, 15 maggio 2006, n. 11154;

Cass., Sez. V, 9 luglio 2004, n. 12695).

Il mancato avviso della sospensione, quindi, non solo rende illegittimo il verbale ma potrebbe configurare fattispecie di reato.

Il primo reato che si potrebbe configurare è l’abuso d’ufficio : c’è la violazione della norma, c’è l’ingiusto danno con l’ingiustificato arricchimento, sull’elemento soggettivo è difficile sostenere che l’Agente riscossore non conosce la norma.

Non solo, come ci insegna la Suprema Corte di Cassazione (Cassazione penale sez. II, 11/07/2018, n.34242) in tema di estorsione, una pretesa è “contra ius” ed integra il reato solo quando l’agente, pur avvalendosi di mezzi giuridici legittimi, li utilizzi per conseguire vantaggi estranei al rapporto giuridico controverso, perché non dovuti

nell’“an” o nel “quantum” o perché finalizzati a scopi diversi o non consentiti rispetto a quelli per cui il diritto è riconosciuto o tutelato, e quindi per realizzare un profitto ingiusto.

Oggi viene chiesto di pagare al trasgressore entro cinque giorni, in mancanza la sanzione aumenta.

Si tratta di un aumento al momento non solo illegittimo ma illecito perché la sospensione del pagamento è automatico per legge, per cui nessuna somma è esigibile al momento della notifica dell’accertamento.

Nella fattispecie relativa al Codice della Strada si troveremmo di fronte ad un profitto dell’Ente accertatore giusto ma intempestivo.

In via prudenziale è preferibile avvisare il trasgressore che sino al 30/04/2021 ogni forma di pagamento è sospeso per legge.

Il mancanza, si va incontro non solo ad impugnativa del verbale innanzi al Prefetto o GdP ma anche a controlli della Procura presso il Tribunale ordinario e Procura della Corte dei Conti per danno erariale.