I rischi di esposizione alle radiazioni ionizzanti per il personale addetto al Pronto Intervento

I rischi di esposizione alle radiazioni ionizzanti per il personale addetto al Pronto Intervento

Polizia Locale e Forze di Polizia dello Stato, gli esperti in materia di sicurezza, i Vigili del Fuoco, il personale del 118, le squadre della Protezione Civile e chi si occupa della gestione delle emergenze, del soccorso sul territorio o del monitoraggio ambientale, dovrebbero sempre ricordarsi che la parola rischio richiama ed introduce sempre altre due parole come probabilità e danno.

Questo articolo viene proposto per sensibilizzare tutto il personale preposto al primo intervento (organi di polizia locale e dello stato, squadre di soccorso, personale medico e paramedico, volontari, ecc.) sui rischi da esposizione involontaria alle radiazioni ionizzanti anche durante eventuali interventi ordinari, indagini sul territorio, controlli ed ispezioni di depositi e magazzini, e/o in caso di interventi sulla strada in caso di sinistri stradali.

Da non sottovalutare quindi anche i rischi cui possono essere sottoposti nell’affrontare le fasi concitate dell’emergenza e delle quali possono diventare potenziali vittime.

Immaginiamoci cosa potrebbe accadere se si dovesse intervenire sul luogo di un’emergenza, con pericolo di esposizione a radiazioni ionizzanti, senza indossare idonei dispositivi di protezione individuali e senza l’impiego di strumentazioni specifiche per la rilevazione delle radiazioni.

Il personale medico e paramedico del 118, i Corpi di Polizia Locale, le Forze di Polizia dello Stato, le Squadre di Soccorso e di primo intervento dei VV.FF., in genere sono i primi a intervenire in caso d’incidente stradale o altra emergenza, magari non ancora del tutto identificata.

Per questo motivo riteniamo che tutto il personale debba essere aggiornato professionalmente e adeguatamente formato, almeno sugli aspetti operativi di base, anche in materia di rischi da esposizione a radiazioni ionizzanti per diventare pienamente consapevoli, oltre che preparati, per affrontare in modo professionale anche eventuali situazioni rischiose e pericolose nelle prime fasi di questa natura, garantendo la propria incolumità e quella degli altri cittadini, in attesa che intervengano le squadre specializzate preposte alla gestione di tali emergenze.

Anche in questo caso la necessaria formazione dovrà prevedere l’adozione e l’impiego di adeguati strumenti di rilevazione e comunicazione, finalmente oggi disponibili in versione digitale, portatili e a dei costi estremamente accessibili, come le nuove tecnologie smartphone, tablet e sensoristica di ultima generazione sempre più affidabile, precisa e miniaturizzata.

Medesimo discorso sulla formazione per le procedure operative in caso di incidente stradale nel quale è coinvolto un veicolo destinato al trasporto su strada delle merci pericolose (ADR – Accord europeen relatif au transport international des merchandises dangereuses par route – European agreement concerning the international carriage of dangerous good by road), la cui circolazione è disciplinata dall’art. 168 del codice della strada.

Il rischio, infatti, si calcola mettendo in relazione la probabilità che accada un evento negativo moltiplicata per il danno che tale evento può causare a persone, ambiente, animali, beni, ecc… coinvolti nel sinistro o nell’incidente.

Alcuni danni possono essere immediati, altri invece possono manifestarsi nel medio o nel lungo termine, anche a distanza di anni.

Fonte: http://www.ccnr.org/nfb_uranium_0.html – Canadian Coalition  for Nuclear Responsibility

Le persone che vivono in uno Paese “denuclearizzato”, ovvero idealmente privo di centrali o armi nucleari, quando si parla di esposizione alle radiazioni ionizzanti, tendono a pensare che questa condizione sia praticamente nulla o estremamente minima e chiaramente limitata alle visite mediche specializzate che prevedono ad esempio indagini radiografiche, o solo in caso di guerra che prevede l’uso di armi nucleari o gravi incidenti come quelli avvenuti a Chernobyl o Fukushima.

Purtroppo non è così e questa considerazione va fatta per ogni paese industrializzato.

È possibile quindi entrare in contatto con materiale radioattivo contaminato, sorgenti radioattive pericolose, o altre fonti o materiali radioattivi in grado di compromettere la nostra salute, anche nella quotidianità, e quasi sempre senza nemmeno accorgersi di questo fatto con grave rischio e pericolo.

Concorre a costruire questa “falsa percezione di sicurezza” il fatto che le radiazioni ionizzanti sono del tutto non percepibili e non rilevabili da nessuno dei nostri organi sensoriali quindi, anche se ne entrassimo in contatto o venissimo esposti a delle radiazioni per qualsiasi ragione o causa, nulla ci farebbe pensare ad un pericolo per la nostra salute e quella degli altri cittadini.

Qual è dunque la probabilità che durante una semplice missione sul territorio, un sopralluogo in un deposito, un magazzino, un’industria, un intervento per un incidente stradale o per eseguire dei rilievi per una denuncia di abbandono di rifiuti sul territorio, ecc… una pattuglia o una squadra incorra nell’esposizione involontaria e inconsapevole a delle radiazioni ionizzanti provenienti da una sorgente radioattiva?

Il quesito posto introduce la necessità di meglio inquadrare la situazione, rileggendo a campione qualche fatto di cronaca e qualche documento di dominio pubblico.

Il caso dei porti italiani

Pochi anni fa, e precisamente nel 2014, un’inchiesta giornalistica condotta dal Corriere della Sera accendeva i riflettori sul malfunzionamento di alcune delle dotazioni di sicurezza dei porti italiani.

L’attenzione del giornalista si rivolgeva in particolare ai nostri 25 porti che, per il nostro paese, rappresentano dei valichi di frontiera e da questi transita una significativa percentuale di prodotti, merci e materie prime che entrano nel nostro paese e che provengono da tutto il mondo.

Le documentazioni raccolte dal giornalista e le interviste realizzate durante l’inchiesta, mettevano in evidenza una serie di rischi e di gravi pericoli causati all’impossibilità di rilevare sia in ingresso che in uscita dai suddetti porti nazionali, eventuali materiali radioattivi, scorie, prodotti contaminati, che potenzialmente potrebbero transitare da queste importanti e strategiche infrastrutture logistiche per il paese.

Stando alle dichiarazioni del funzionario del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, intervistato da Peter d’Angelo del Corriere della Sera, a causa degli scanner portuali “in stato di totale abbandono” i porti dovevano essere considerate “zone franche”.

Sospendiamo per un momento il nostro giudizio su questo primo fattore per proseguire in seguito sull’approfondimento.

Secondo i contenuti del libro “Ninety percent of everything” della giornalista Rose George, il 90% di ciò che acquistiamo, proveniente oramai da tutto il mondo, arriva via mare.

Sempre stando ai dati riportati dalla giornalista inglese Rose George, solo il 5 per cento dei container spediti ai porti degli Stati Uniti viene ispezionato.

Questa percentuale scende ulteriormente se ci riferiamo ai dati europei.

Andrea Moizo, giornalista del sito Linkiesta, ha riscontrato che nel nostro paese “la percentuale di controlli approfonditi (che possono arrivare fino allo svuotamento del container), pur a fronte di un aumento assoluto delle dichiarazioni, è fisiologica e in diminuzione grazie alla progressiva digitalizzazione degli adempimenti doganali (si è passati dal 7,20% del 2008 al 4,32% del 2012)”.

Il sistema portuale italiano, solo nel 2016, ha movimentato complessivamente 484 milioni di tonnellate (+1%) di merci.

Il traffico di container risultava in crescita del 3,3% e quello definito Ro-Ro (trasporto che tecnicamente vede imbarcarsi anche i TIR con annesso carico) era cresciuto del 3,6%.

Nei primi 9 mesi del 2017 il traffico di veicoli pesanti in transito sul nostro paese è aumentato del 3,5%, stando ai dati elaborati da Aiscat e resi noti dal Centro Ricerche Continental Autocarro.

L’Italia, è noto, è un grande importatore di metalli e la questione sicurezza è di straordinaria rilevanza, in virtù del fatto che in passato il nostro paese è già stato più volte protagonista di traffici illegali di rifiuti tossici e pure di quelli radioattivi.

Basta consultare gli archivi dei principali quotidiani nazionali e internazionali per trovare traccia di diversi episodi di ritrovamento di materiali radioattivi pericolosi per la salute pubblica e per l’ambiente.

Qualcuno deve pur aver trasportato questi materiali nel luogo in cui sono stati ritrovati.

Ecco un primo quadro su cui riflettere circa la probabilità di transito sulle strade del nostro paese di materiali anche radioattivi, quindi pericolosi per la salute pubblica e per il personale delle Polizia Locali, delle Forze dell’Ordine, delle squadre di emergenza, di primo intervento e soccorso che operano sul territorio nazionale.

Costoro, in caso di incidente, sono i primi ad essere chiamati ad intervenire sul luogo del sinistro o che comunque svolgono attività di soccorso alle vittime oppure di controllo e prevenzione, mediante verifiche regolari dei mezzi in circolazione e delle merci trasportate.

Rispetto al periodo pre-crisi, l’incremento delle tonnellate di merci trasportate in regime di cabotaggio internazionale è stato del 67,2%.

Del volume totale di veicoli pesanti circolanti che entrano ed escono dall’Italia, il 60% è rappresentato da veicoli con targa estera.

La domanda di trasporti all’interno della penisola è quindi in aumento.

Se uniamo a questi dati sul traffico dei mezzi e delle merci anche questioni legate al traffico illecito di rifiuti industriali ed ospedalieri da parte delle “eco-mafie”, problematiche relative ai rifiuti urbani ed all’inquinamento del territorio per via di discariche abusive, rischi di azioni terroristiche anche con l’uso di droni esplosivi o trasportanti sostanze radioattive, possiamo comprendere quando sia importante iniziare a considerare parte dei rischi professionali anche quelli legati all’esposizione involontaria a fonti di radiazioni ionizzanti pericolose.

Quali sono in concreto i pericoli che non vediamo?

Entrare in contatto con agenti contaminanti radioattivi, come incorrere nel ritrovamento di sorgenti radioattive orfane, sono condizioni del tutto reali e ampiamente documentate da più parti.

Oltre alle sorgenti radioattive di origine naturale, alle materie prime o minerali radioattivi impiegati nelle industrie, esistono numerose sorgenti radioattive di origine artificiale utilizzate diffusamente nell’ambito medico (a scopo diagnostico ed a scopo terapeutico), in diversi settori dell’industria, nell’agricoltura, nella ricerca scientifica, nell’ambito universitario, nell’ambito militare, nell’ambito delle costruzioni civili.

I fatti di cronaca

Ecco alcuni fatti di cronaca e notizie riportate dai media nazionali:

Toscana Oggi (2005)

“In Toscana trecento parafulmini radioattivi, quasi tutti installati su campanili di chiese”

Il Secolo XIX (2009)

Allarme Cesio: Sequestrate 10mila tonnellate di pellet radioattivo in tutta Italia
Il Fatto Alimentare (2013)

Bloccati mestoli, passaverdure e pentolini radioattivi, contaminati da cobalto 60. Qualche pezzo può essere ancora in vendita

Corriere della Sera (2014)

”Pericolo rifiuti radioattivi: porti italiani senza controlli”

Repubblica (2015)

“Porti vulnerabili alle merci contaminate – Scanner di radiazioni ovunque ma fuori uso”

Corriere della Sera (2015)

“Scorie al Cesio, via libera al Bunker nelle acciaierie di Sarezzo”

Corriere della Sera (2015)

“Brescia, 14 i depositi radioattivi in provincia”

L’Unione Sarda (2015)

“Allarme radioattività. È un pannolone in un sacco di rifiuti”

Gazzetta di Mantova (2015)

“Il pennone parafulmine è radioattivo, via dalla scuola materna”

Il Fatto Quotidiano (2016)

“Capurso, rifiuti radioattivi nei cassonetti dell’indifferenziata: il Sindaco lancia l’allarme”
Ansa (2017)

“Omessi controlli radioattività in porto – Per snellire tempi delle procedure”
BresciaOggi (2017)

“Allarme radioattività, Tir in quarantena”

Firenze Today (2017)

“Cava Paterno: allarme materiale radioattivo per lavoratori e abitanti”

Bergamo Sera (2017)

“Funghi radioattivi nel Cuneese: l’Asl lancia l’allarme”
Il Resto del Carlino (2017)

“Fano, allarme radioattività. Camion bloccato dalla Profilglass”

Il Sole 24 Ore (2018)

“Dal Piemonte alla Sicilia, ecco la mappa dei depositi nucleari”
Corriere Adriatico (2018)

“Fano, pezzo d’alluminio radioattivo – Nuovo allarme radioattività alla Profilglass”

Il Dott. Santi Spartà (fisico italiano, esperto qualificato per la radioprotezione) nel suo testo “Atlante delle Sorgenti radioattive in disuso e delle sorgenti orfane – Dallo smaltimento incontrollato al terrorismo nucleare” richiama l’attenzione dei lettori sul fatto che, al giorno d’oggi, l’impiego delle radiazioni e delle sostanze o materiali radioattivi in particolare è “massiccio ed ubiquitario in ogni settore della vita ed in ogni angolo del pianeta”.

Sempre il Dott. Spartà evidenzia quanto le sorgenti radioattive “in gran parte sigillate”, hanno comunque un’attività elevata e pertanto “costituiscono un serio rischio per il personale che le utilizza e per la popolazione” e quando accade che tali sorgenti si disperdono in modo incontrollato “nell’ambiente per incuria, dolo, incidente o causalità, il rischio di esposizione alle radiazioni può diventare una drammatica realtà”.

Sono dello stesso tono anche i testi dei comunicati informativi di alcuni distretti dell’ARPA che, prendendo spunto da alcuni avvenimenti e fatti di cronaca riportati sempre dai quotidiani, pongono l’attenzione sulla cautela da tenere per via del regolare trasporto di merci, materiali o prodotti semilavorati metallici e radioattivi o sulla possibilità di “intercettare” sorgenti radioattive, sigillate o meno, o ancora ritrovare dei rifiuti radioattivi, per la presenza d’impianti a parafulmini, sistemi elettronici per la rivelazione di fumi e altro ancora.

ARPA Friuli Venezia Giulia, in un altro comunicato evidenzia come “Sorgenti radiologiche o materiali radioattivi possono essere rinvenuti nei rottami metallici o nei rifiuti urbani”.

È opinione comune quindi, come avviene in diversi altri paesi come il nostro, sia il caso di informarsi e formarsi su questa materia così delicata che, seppur nella fase di dichiarata emergenza appartiene per competenza ad organismi esperti come ARPA e VVFF, in una possibile fase iniziale di non ancora accertata condizione di pericolo, può causare conseguenze sui primi soccorritori e persino sui cittadini indirettamente coinvolti o sugli autori dei ritrovamenti.

Le tre linee guida generali per il controllo dell’esposizione alle radiazioni ionizzanti e limitazioni dei rischi sulla salute sono le seguenti:

  • massimizzare la distanza dalla sorgente di radiazioni
  • proteggersi dalla fonte di radiazioni
  • ridurre al minimo il tempo di esposizione